ATTENZIONE: allarme fibre di plastica nell’acqua potabile

Sono miliardi le persone che ogni giorno bevono acqua potabile contaminata da microscopiche fibre di plastica, e nemmeno lo sanno.

La lista dei Paesi in cui il fenomeno è stato riscontrato è lunga ma per fortuna l’Italia non c’è.

La testimonianza arriva da uno studio condotto da Orb Media, un’organizzazione no-profit, condiviso in via esclusiva nel famoso quotidiano The Guardian.

Il problema dell’esagerato quantitativo di plastica prodotta è troppo sottovalutato e questa scoperta è, per la maggior parte delle persone, una vera e propria doccia fredda.

Pensate che negli ultimi 60 anni, sono state prodotte 8,3 miliardi di tonnellate di plastica.

I ricercatori di Orb Media, uniti al team di studiosi dell’università statale di New York e del Minnesota, hanno analizzato 159 campioni di acqua potabile raccolta in diverse città in tutto il mondo e pensate che tra questi, ben l’83% è risultato essere contaminato.

Al top della lista ci sono gli USA, ma anche in Europa (Germania, Francia e UK), le cose non vanno meglio.

Mediamente, il numero di mirroplastiche rinvenute ogni 500 ml di acqua, varia dal 4,8% degli Stati Uniti all’1,9% dell’Europa.

Quali fibre di plastica sono presenti nell’acqua potabile?

Lo studio ha poi dimostrato che le tipologie di microplastiche rpesenti nell’acqua sono molte e che alcune di esse fanno parte del nostro quotidiano:

  • Fibre sintetiche dei capi di abbigliamento come pile, acrilico e poliestere, rilasciati ad ogni lavaggio;
  • Polvere di stirene-butadiene degli pneumatici. Auto, moto e camion ne disperdono più di 20 grammi ogni 100 chilometri percorsi;
  • Polveri delle vernici utilizzate solitamente (come quelle per imbiancare la casa);
  • Fibre sintetiche trasportate nell’aria direttamente in mare;
  • Micro perle contenute nei cosmetici;
    Frammenti, anche piccolissimi, di posate, sacchetti, bottiglie e vari contenitori di plastica.

Purtroppo, gli impianti di depurazione delle acque reflue, riescono ad intercettare e bloccare solo il 50% delle microplastiche presenti nell’acqua, le altre, purtroppo, vengono portate dai sistemi idrici fino alle condutture delle case per entrare in circolo nell’acqua potabile.

Come riuscire a ridurre la produzione di microplastiche nell’acqua potabile

Ognuno di noi, è in grado di fare qualcosa per poter ridurre il quantitativo giornaliero di micro fibre di plastica prodotte nel mondo. Bastano alcuni semplici gesti, come questi:

  • Non utilizzare sacchetti di plastica: l’impiego medio di un sacchetto è di 12 minuti circa e dopo viene gettato. In mare, un sacchetto continua la sua esistenza per più di 500 anni;
  • Evita di utilizzare le cannucce di plastica: come per i sacchetti, il suo utilizzo è limitato, ma nelle discariche e nell’ambiente che ci circonda, le cannucce continuano la loro esistenza per secoli;
  • Utilizza con poca frequenza capi sintetici e pile e, dopo averli utilizzati, lavali in ununica volta con lavaggio delicato;
  • Sciacqua i pennelli sporchi di vernice non sotto l’acqua corrente, ma immergili in un contenitore di acqua e sapone neutro e successivamente, una volta puliti, elimina il liquido sporco in discarica;
  • Riduci l’utilizzo delle auto e il consumo degli pneumatici. Ne gioveranno così l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo;
  • Utilizziamo per quanto possibile, prodotti con materiali ecologici, riciclati e biodegradabili;
  • Diminuisci drasticamente il consumo dell’acqua e delle bibite contenute nelle bottiglie di plastica. Nel caso dell’acqua, preferite le bottiglie di vetro o meglio ancora, affidati agli erogatori acqua per filtrare e pulire al meglio l’acqua del rubinetto.

Sapere con certezza che i residui di fibre di plastica possono essere ingeriti tramite l’acqua potabile del nostro rubinetto e che utilizziamo tutti i gironi, è una notizia che ci deve mettere in allerta .

I rischi per la nostra salute non sono ancora chiari, ma una cosa è sicura: sono buone le probabilità che le microplastiche facciano male al nostro organismo.

Non dimentichiamo infatti che, se l’acqua corrente è contaminata, potrebbero esserlo anche gli alimenti di cui ci nutriamo.

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